29-30) e «nel mezzo del cammin la t’abbandona» (v. 114). 3-4; G. Sasso, Qualche osservazione sui Ghiribizzi al Soderino di Machiavelli, «La cultura», 1973, pp. Ma poiché la “fortuna è donna” –afferma Machiavelli- essa preferisce in genere i GIOVANI ed IMPETUOSI ai vecchi e prudenti. In epoca moderna, vanno ricordati i personaggi incontrati da M. durante le sue legazioni. 252, 289) –, M. sembra echeggiare le discussioni udite durante le assemblee consultive a Palazzo Vecchio. 2. a. ant.... Essenza, natura divina. La fortuna è un ostacolo al libero svolgersi dell’azione individuale; è l’imponderabile. Precedenti classici e reminiscenze petrarchesche aprono il “Di Fortuna”: «Con che rime già mai, o con che versi, / canterò io del regno di Fortuna / e de’ suo’ casi prosperi et avversi, / E come iniuriosa et importuna, / secondo iudicata è qui da noi, / sotto ’l suo seggio tutto el mondo aduna?» (vv. perché la [f.] è varia, variano le republiche e gli stati spesso, e varieranno sempre infino che non surga qualcuno che sia della antichità tanto amatore che la regoli in modo che la non abbia cagione di mostrare, a ogni girare di sole, quanto ella puote (II xxx 32). 128-29), dal tempo degli Egizi a quello dei «Persi», da Menfi a Roma passando per Tebe, Babilonia, Troia, Cartagine, Gerusalemme, Atene e Sparta. Qui nel 1517 lo raggiunse ... Periodo di storia della civiltà che ebbe inizio in Italia con caratteristiche già abbastanza precise intorno alla metà del 14° sec. Con conseguenze simili a livello istituzionale: «Questa virtù e questo vizio che io dico trovarsi in un uomo solo, si truova ancora in una republica» (xxxi 8). INTRODUZIONE 2 Machiavelli avevano perso quel loro riferimento unitario costituito dagli stati di antico regime. Appena assunto in cancelleria, già il 4 agosto 1498 M. denunciava al condottiero Rinuccio da Marciano, assoldato da Firenze con il titolo di governatore generale, «la nostra inimica fortuna» associandola al concetto di necessità: E veramente, poi che per la nostra inimica fortuna e’ seguì quello accidente dove e’ convenne, e a noi el campo nostro con tanto disagio e dispendio instaurare, e alla Signoria vostra della propria salute provedere, noi non abbian mai pensato se non come potessino e le perdute forze e lo onore nostro e vostro recuperare; e tutti e’ partiti che si sono presi, come appieno vostra prudentissima Signoria conosce, non sono proceduti se non da estrema necessità, pel disordine nel quale era la nostra Repubblica incorsa (LCSG, 1° t., p. 27). Ma perché e tempi e le cose universalmente e particularmente si mutano spesso, e li uomini non mutono le loro fantasie né e loro modi di procedere, accade che uno ha un tempo buona fortuna et uno tempo trista. 129-67, poi in Id., Machiavelli e gli antichi e altri saggi, 2° vol., Milano-Napoli 1988, pp. Ma la lettera del 20 dicembre 1514 allo stesso Vettori evidenzia invece non solo la profonda frustrazione di un cittadino impegnato («E se la fortuna avessi voluto ch’e’ Medici, o in cose di Firenze o di fuora, o in cose loro particulari o publiche, mi avessino una volta comandato, io sarei contento», Lettere, p. 345), ma anche l’amaro risentimento che già aveva echeggiato nei Ghiribizzi («e quando la fortuna ci vuole caciare, la ci mette innanti o presente utilità o presente timore, o l’uno e l’altro insieme; le quali dua cose credo che sieno le maggiori nimiche abbi quella opinione che nelle mie lettere io ho difesa», Lettere, p. 345). 83-85) e nel Principe (dove M. esorta i principi italiani che persero il loro principato a non accusare «la fortuna, ma la ignavia loro»; xxiv 8), Giovanni di Matteo Benizi asseriva il 13 maggio 1503 che «la fortuna buona non sta con i pigri» (Consulte [...], 2° vol., 1993, cit., p. 936). Se la concomitanza tra f. e necessità sembra retta da un principio di causa ed effetto, quella tra f. e virtù si esprime spesso in termini antinomici e costrutto dilemmatico. Il filo conduttore che dall’ironia amara dei Ghiribizzi e dal pessimismo del “Di Fortuna” conduce alle pagine cruciali delle grandi opere, si dipana in realtà sin dai primissimi scritti di governo. Da questo nasce che ciascuno secondo lo ingegno e fantasia sua si governa. Tutti i diritti riservati. - Monaco ortodosso e umanista (Arta, Grecia, 1475 circa - Troice-Sergieva Lavra, Kiev, 1556). 622-23); per Antonio Malegonnelle, «dove la necessità restrigne, la disputazione è vana, e che s’intende quello si doverrebbe fare per assicurarsi; ma non ci essendo panno da cavarne la vesta come doverebbe essere, curarla e darle migliore garbo che si può» (2° vol., p. 909). Un concetto analogo M. lo esprime nelle linee conclusive dell’Arte della guerra (VII 249): E veramente, se la fortuna mi avesse conceduto per lo adietro tanto stato quanto basta a una simile impresa, io crederei in brevissimo tempo avere dimostro al mondo quanto gli antichi ordini vagliono; e sanza dubbio o io l’arei accresciuto con gloria o perduto sanza vergogna. Nutrita di letture classiche, misurata nell’ambiente sociopolitico fiorentino dei primi anni di segretariato e verificata nell’esperienza diplomatica, la riflessione intorno alla potenza della f. è al centro del pensiero politico e antropologico machiavelliano. Týche) che gli scrittori cristiani, in primo luogo Agostino, condannarono decisamente come cieca dispensatrice di felicità terrena, fino a considerarla uno strumento diabolico (Kajanto, 1972, col. La politica come arte del rimedio, Roma 2003; M.C. 523-25) – nonché, insieme ai «non buoni ordini suoi» (Istorie fiorentine III ii 2), della disunione di Firenze, la f. viene incolpata da un oratore anonimo durante un raduno nella chiesa di S. Piero Scheraggio: E imputate i disordini antichi non alla natura degli uomini, ma ai tempi, i quali sendo variati, potete sperare alla nostra città, mediante i migliori ordini, migliore fortuna. Donde può molto bene essere che dua, diversamente operando, abbino uno medesimo fine, perché ciascuno di loro può conformarsi con el riscontro suo, perché e’ sono tanti ordini di cose quanti sono province e stati. Essa trova nell’abbozzo di lettera noto come Ghiribizzi al Soderino e nel capitolo “Di Fortuna” (1506) – accomunati da vistose affinità formali e tematiche – la sua prima espressione, insieme polemica e poetica. Machiavelli paragona la fortuna ad un fiume in piena che quando straripa devasta tutto ciò che incontra, e quindi l’uomo può ridurne l’effetto devastante solo costruendo degli argini. Definizione di Treccani fortuna s. f. [lat. per avere perduto lo stato, non sono più a tempo, e quegli che lo tengono non sanno e non vogliono; perché vogliono sanza alcuno disagio stare con la fortuna e non con la virtù loro, perché veggono che per esserci poca virtù, la fortuna governa ogni cosa, e vogliono che quella gli signoreggi, non essi signoreggiare quella (Arte della guerra II 313). Ambito artistico letterario. La f., «volubil creatura» (“Di Fortuna”, v. 10), viene incriminata anche nella lettera del 19 novembre 1515 al nipote Giovanni Vernacci: La fortuna non mi ha lasciato altro che i parenti e gli amici, et io ne fo capitale, e massime di quelli che più mi attengono, come sei tu, dal quale io spero, quando la fortuna ti inviasse a qualche faccenda onorevole, che tu renderesti il cambio a’ miei figliuoli de’ portamenti miei verso di te (Lettere, p. 352). Convinto, che “i poeti molte volte sanno essere di spirito divino re profetico ripieni.” (Viroli, p. 141). Si i ndv ua qu a tro mb id an l is p os b l . Donde il pluriprospettico rapporto di forza tra f. e virtù rilevato dallo studioso nel libro II dei Discorsi: in II i, la f. nasce dalla virtù, in II xxix è essa a causare o ‘eleggere’ la virtù, mentre in II xxx appare come una forza che la virtù può domare. 50-57; G. Ferroni, Machiavelli, o dell’incertezza. Figorilli, Machiavelli moralista. Ma chi, in tale prospettiva, seppe «usare la fortuna modestamente, e che bastasse loro più tosto godersi una mezzana vittoria con salute della città, che, per volerla intera, rovinare quella» (III xxv 18) fu la famiglia Medici: Cosimo, la cui «virtù e fortuna [...] spense tutti i suoi nimici e gli amici esaltò» (VII v 18); e Lorenzo il Magnifico, «da la fortuna e da Dio sommamente amato» (VIII xxxvi 15). Al concetto di virtù e di fortuna Machiavelli aggiunge anche quello di necessità: ciò che l'uomo fa, non lo fa interamente per libera scelta ma anche perché è necessitato ad agire in … fortūna, der. di fors fortis «caso, sorte»].1. Saggio su Machiavelli, Napoli 2007; G.M. E con l’affermare che «chi non tenta la fortuna, la fortuna lo lascia dove si truova» (Consulte [...], a cura di D. Fachard, 1988, p. 225), Bernardo Nasi precorre il Fabrizio Colonna dell’Arte della guerra, il quale, nonostante il monito rivoltogli da Luigi Alamanni a non fidarsi della mutevole f. dopo aver «vinto una giornata sì onorevolmente» («io penso che sia bene che io non tenti più la fortuna, sappiendo quanto quella è varia e instabile»), sostiene che «è assai meglio tentare la fortuna dov’ella ti possa favorire, che non la tentando vedere la tua certa rovina» (IV 98). Infatti, il Santoro he fatto testimonianza che il tema della " fortuna" accompagna tutto l'itinerario spirituale e culturale del Machiavelli (p. 298) , mettendo in rilievo sopratutto il suo motivo del descrivere con la salda constatazione Era presso i Romani la dea del destino, ma specialmente della prosperità e della felicità. Per tali motivi non fallirono i Romani affidandosi alla loro virtù e alla loro prudenza e non alla f.; fallirono, invece, i veneziani «i quali nella buona fortuna, parendo loro aversela guadagnata con quella virtù che non avevano […], eronsi presupposti nello animo di avere a fare una monarchia simile alla romana» (xxxi 14). Machiavelli pensatore inattuale e dunque autore filosofico per definizione. Propriam., nome di un’antica divinità romana, personificazione della forza che guida e avvicenda i destini degli uomini, ai quali distribuisce ciecamente felicità, benessere, ricchezza, oppure infelicità e sventura: la … 147-80; R. Ridolfi, P. Ghiglieri, I Ghiribizzi al Soderini, «La bibliofilia», 1970, pp. Definizione di Treccani reprobare v. tr. • E' c o nse g at liu gr afo d isn tm c . Parlando «per comparazione», Francesco Gualterotti si dolse «della mala sorte della città in risolversi, e che sempre si ha ad andare colla acqua alla gola; e che una volta è necessario risolversi se noi voliamo essere in amicizia col Re di Francia o non, e che noi non abiamo sempre ad andare per necessità» (2° vol., pp. A riscontro della sagacia e della determinazione del senato romano, il quale non «si vergognò mai diliberare una cosa che fusse contraria al suo modo di vivere o ad altre diliberazioni fatte da lui, quando la necessità gliene comandava» (Discorsi I xxxviii 3), M. adduce alcuni clamorosi insuccessi della politica fiorentina: la mancata previsione della conquista di Milano da parte del re di Francia Luigi XII nel 1500; il fallito assalto di Pisa sotto il comando del capitano francese Jean de Beaumont nello stesso anno; la scarsa capacità diplomatica mostrata durante la ribellione di Arezzo nel 1502, quando Imbault Rivoire, capitano del re di Francia, entrò nella città «faccendo intendere ai fiorentini come egli erano matti e non s’intendevano delle cose del mondo» (Discorsi I xxxviii 18). “Continua lezione delle cose del mondo”, cioè lettura (questo il significato che qui il termine ha per Attento all’influenza della f. sull’azione dei principi, M. incita il principe nuovo a «salire più alto» (xx 15), a possedere armi proprie, senza le quali «è tutto obligato alla fortuna, non avendo virtù che nelle avversità con fede lo difenda» (xiii 26), a riscontrare «il modo del procedere suo con la qualità de’ tempi» (xxv 11), a sapere sfruttare il fatto che, seppure «arbitra della metà delle azioni nostre [la f.] ne lasci governare l’altra metà, o presso, a noi» (xxv 4).