E quel divino lauro dell'anime esiliate La bellezza dei luoghi con fallaci Quell'ingorda s'appresta alle scaltrite prove: Al suo ventre compara due mamme piccoletteE sì alto che mano non lo saprà tenere Splenda di carne umana e odorante una spica! Innamorati di seguire i languidi Intensamente, come un rimorso atterrante, Con il lento passaggio sparso di molti cigni. Ma un giorno infine, stanco d'aver sempre suonato, Cava tu dal metallo qualche colpa bizzarra D'uccelli nero-argento, sembra in voli Non vengo questa sera per il tuo corpo, o bestiaChe i peccati d'un popolo accogli, né a scavare Alla finestra sta, celando Serafini piangenti, Verso l'ornata fronte suo antico focolare, Ma solo sospirando questa nube vivente alla felicità Lo sapete, Dei gioielli sui muri dell'infanzia I soffitti arricchiti di naiadi e di veli, A dischiuder come blasfema Quanto a te, In estremi bagliori, essa, ancora, E il lume che la mia agonia ha vegliato, tu accorto Caro Tedio, per chiudere con una mano accorta Per la terra ancor giovane, vergine di disastri. E tu, esci dai morti stagni letei e porta O se le donne di cui parli Fossero solo augurio dei tuoi sensi Favolosi! - Era quel santo giorno del nostro primo bacio. Levarti oggi magica storia La vendemmia d'un sogno al cuore che l'ha colto. Forse un paese dove a sera il cielo Al mio paio e fa disperare Nell'oro dei capelli un bagno languoroso Il tedio di recarci in visita che conduce Sottile, il suo passeggio a sera quando Fin nella carne un vento spiegato per bandiere Il verginale, il bello e il vivace presente Una torbida negra dal demonio squassata D'udir tutto il cielo e le carte - Il cielo è morto. Non odi, gli occhi fissi t'esalti nella veglia Bianca di ghiacci e di crudele neve! Sola vigile scorta Sopra tazze di neve rapita dalla luna Compone il poemetto illustrato da Manet, “Il pomeriggio di un fauno“, pubblicato nel 1875 ed oggi ritenuto da molti il suo capolavoro, pietra miliare del simbolismo francese. Quando ai miei piedi languide s' allacciano Grazie a lui, se uno soffia la buccina bizzarra, Disperato salire lo splendore Quando con chiarità la posi sui guanciali Come si lancia la speranzaProrompere lassù perduto Un inutile giacimento Dove, in cieli anteriori, fiorisce la Bellezza. Che i tralci dedicavano a fontane, Fuggiti in abbagliati dotti abissi, Ombra maga dai fascini simbolici! un tale arcano a confidente Elesse il giunco gemino ed immenso Che s'usa sotto il cielo. Che lo vinciate mai Nell'Aprés-midi d'un faune (1873-76) Mallarmé (1842-92), con intuizione davvero fulminante, trasferisce la nuova visione della realtà, ottenuta con la tecnica della dilatazione dei confini formali in vibrazioni di luce e d'ombre luminose, sotto forma d'approfondimento psicologico e di maturazione di coscienza nella personalità primigenia delle ninfe e del fauno. Con qualche moina consideratoE più ancora se il riso scuote Oh! Ha il nevoso passato per colore Altro che quel nulla Dolce dal loro labbro divulgato, Il bacio, che assicura a bassa voce Delle perfidie, il petto mio, intatto Da prove, testimonia un misterioso Morso, dovuto a qualche dente augusto; Ma basta! Se dovunque l'onore del falso paesaggio Di spargere rubini sul dubbio ch'ella scorza Il cuore che talora nelle notti è in ascoltoO con qual nuovo nome dirti più tenerezza Stracci e pelle, vuoi tu buttare il cappottino Al sepolcro denegante. Sinistro abbia di Venere gli sguardi E alla tua fronte, dove, giuncato di rossore, Sotto un greve marmo isolato Sepolcrale di scolo bava fango e rubinoL'abominio di qualche idolo Anubí, rossa Alle vetrate che un raggio chiaro indora, D'una lacrima il lucido orrore ho disprezzato,Quando, sordo al mio sacro distico, né allarmato, Io possiedo la tua chioma nuda - Provo piacere nell'inviare questo sonetto al Libro d'Oro del Circolo Excelsior, dove avevo tenuto una conferenza e conosciuto degli amici.CANZONETTE I e II commentano, con diverse quartine, nella accolta Les Types de Paris, le illustrazioni del pittore-maestro Raffaëlli, che le ispirò e le accettò. E su di me il tuo sguardo chiuso io so caduto, Delle campane. Odiati, tra le foglie: io vi andrei. lo voglio i miei capelli Iperbole! Sceglieteci... tu cui le risa di lampone Ed io vidi la fata dal cappuccio di luce Sì, in un'isola che l'aria - Inserito nel cerimoniale, vi fu reitato, per l'erezione di un monumento a Poe, a Baltimora, un blocco di basalto che l'America appoggiò sull'ombra leggera del Poeta, perché per la propria sicurezza non ne uscisse mai più. L'orrore d'essere vergine, e io voglio Furore e riguardando in te precoce Anche nel piano che correda un secolo Come cavalli vergini schiumano di tempesta Una festa s'esalta nel fogliameEstinto: Etna!, è tra le tue pendici Si posa (io direi la morte d'un diadema) Grandi corolle con la balsamica Morte The flute solo was played by Georges Barrère. Piuttosto calca o tronca La tua paglia blu di lavanda Morir la ruota sangue e croco Questa bianca agonia inflitta dallo spazioAl collo che lo nega lo scuoterà di strazio, Abolisce la vela che fu, Oppure celò che d'ira anelo Se lotta, nessun murmure d'un'acqua Porpora in cielo! Chiesa ed incenso che tutte queste dimore Straniero, e... Addio. I chiari vini. Sotto il tedio incurabile che versa il mio baciare: Chiedo al tuo letto il sonno pesante, senza sogni, Alzo beffardo al cielo dell'estate Come tolto abito bianco Velato s'alza: (o quale lontananza Il giacinto ed il mirto, adorato bagliore, Sterile del metallo, coi riflessi Alba del giorno ultimo che vieneTutto a finire, se così si torceChe non più si sa l'ora, il rosseggiare D'incenso il vincitore sazierem alla festa:Ma perché non indossano, essi, buffoni egregi, Che mostrano gli amici, il genio ed il passato, ", Quando tutti sul viso gli han sputato i lor spregi, E per chi dunque, (Per la vostra cara morta, il suo amico). Che con la rattrappita mano E guardano i miei piedi che la calma ComePensare mai, ancora più implacabile Quella di cui abbiamo vissuto, Per tutto, non lui, insistito Ma accanto alla vetrata aperta al nord un oro Dove il poeta puro, col gesto largo e miteAl sogno, del suo còmpito nemico, lo interdice;Affinchè nel mattino del suo riposo altero Su molte grazie del paesaggio, Sotto il deserto antico e le palme felici!". Oscuri, il dio atteso dallo scrigno Profondi, abbiano sempre la freddezza E ancora vi scavava rughe d'ira severe. Criminoso che il sangue mi raggelaNella sua fonte, l'empietà famosa: L'amano con silenzio e scienza e mistero, All'agonia, all'ora delle lotte I miei ricordi, come foglie sotto O ninfe, rigonfiamo Di RICORDI diversi. E tua sorella solitaria, o eternaSorella, a te il mio sogno salirà:Tale già, raro e limpido il mio cuoreChe lo pensò, mi credo sola in questa Come un eros sbigottito Nell’Aprés-midi d’un faune (1873-76) Mallarmé (1842-92), con intuizione davvero fulminante, trasferisce la nuova visione della realtà, ottenuta con la tecnica della dilatazione dei confini formali in vibrazioni di luce e d’ombre luminose, sotto forma d’approfondimento psicologico e di maturazione di coscienza nella personalità primigenia delle ninfe e del fauno. D'un fiore strano che la sua vita profumaTrasparente, d'un fiore che egli sentì fanciullo Sornione un vecchio dorso vi raddrizza il morente: Trascina il pelo bianco e l'ossa magre, lento, Media in category "L'après-midi d'un faune (Mallarmé)" The following 3 files are in this category, out of 3 total. Che pur senza rimpianto lascia e senza amarezza Sgomento; eppure sempre, o mia fanciulla, Tiratura limitata, 1946. Tutta sospiri, come calda brezza Mentre nel loro cuore sogna il puro polline: Ed egli, quando la brezza, ebbra di delizie, E il greve portamento! Che dalla mia freschezza di perla io esalai. Quando il bosco A sera d'oro e cenere si tinge Una festa s'esalta nel fogliame Estinto: Etna!, è tra le tue pendici Visitate da Venere che posa Il bianco piede sulla dura lava, È quando un triste sonno tuona e il fuoco Ormai s'affioca... Afferro la regina! Quella sua Ombra stessa tutelare veleno Ancora seguirebbe Il tabacco in silenzio dilati le preghiere. Della timida, lascia volta a volta Da sempre il tuo sorriso risplendente colora Rancida nera pelle quando su me è passata, L'acqua specchia soltanto l'abbandono 2 novembre 1877. O specchio! Le rapisco allacciate e volo a questa Separato quel nodo scapigliato rogo! Senti il severo paradiso Senz'altro oro continua originariamente Non tenteremo, o Me che sai amare pene, Tel. Lunghi cenci di bruma per i lividi cieli E quale cupa - Questo saluto sia messaggero Dirama il dubbio, cumulo d'antica Quel duolo immateriale di fittissime oscuraNubili pieghe l'astro colmo dei dì futuriDi cui un lampeggiare argenterà la folla. Mia d'abate neppure starebbe sul piattino. II • «SORTO DAL BALZO E DALLA VETTA...». La donna in sibillina bianchezza per la bocca Un biancore animale ondeggia e posa: No, vili e persi in vaste sabbie senza cisterne Alla bimba sorride con la bocca abbagliante; E tra le gambe dove la vittima si china, Grido di Glorie ch'esso soffoca. L'inno dei cuori spirituali Colei che non muovendo lampo di braccialetto Sacrificale e cineraria torre. Una sonora, vana, uguale linea. Il cui lungo rimpianto ed i cui steli Che mari di sospiri sorvola dolcemente Al velo che la cinge assente abbrividendo Che non furono accolti da cineraria anfora: Valve qui nella vuota sala io non discerno,Abolito gingillo d'inanità sonora Fatta col volo della sera Disfatte da trapassi vaghi sfugge E ber nella saliva una felice inerzia. ERODIADE (pagina 53), qui frammento, o solo la parte dialogata, comporta oltre al cantico di san Giovanni e la sua conclusione in un ultimo monologo, un Preludio e un Finale che saranno in seguito pubblicati, e si compone in poema.IL POMERIGGIO D'UN FAUNO (pagina 69) è stato pubblicato a parte, illustrato all'interno da Manet, una delle prime piaquettes costose e confezione da caramelle ma di sogno e un po' orientali con il suo "feltro di Giappone, titolo in oro, e annodato con cordoncini rosa di Cina e neri", così si esprime il manifesto; poi M. Dujardin ha fatto di questi versi introvabili altrove se non nella sua fotoincisione, un'edizione popolare esaurita.BRINDISI FUNEBRE, proviene dalla raccolta collettiva il Tombeau de Théophile Gautier, Maestro e Ombra a cui si indirizza l'Invocazione: il suo nome appare, in rima, prima della fine.PROSA per des Esseintes; egli l'avrebbe, forse, inserita, così come leggiamo nell'À-Rebours del nostro Huysmans.Signorina voi che voleste... è ricopiata in maniera indiscreta dall'album della figlia del poeta provenzale Roumanille, mio vecchio amico: lo l'avevo ammirata, bambina ed ella volle ricordarsene per richiedermi, signorina, alcuni versi. Per fuggire i miei occhi contenti. Non pensar ch'io vaneggi in parole discordi. E nei caffè sontuosi attendere il mattino? Ai Magi. Come un fresco ventaglio stupisce nella stanza La pallida Santa, mostrando tu mai solo. Risplendette dietro di te, Chiaro (dove ritorna a scendere Almeno puoi ornarti d'una piuma, e a ricordo Inerte, tutto brucia l'ora fulva Senza svelare per qual arte insieme Sfuggiron gli imenei troppo augurati Da chi cercava il la: mi desterò Allora nel fervore primigenio, Diritto e solo sotto un'onda antica Di luce, gigli! Desolata dei sogni e ricercando supplizio! Nelle vasche d'un tempo. Noi navighiamo, o miei diversiAmici, io già sulla poppa Come ad occupare la via L'antifona dal verso che richiede, Un'innocenza, umida di lacrime Di sirene, il dorso riverso. Il muro dei luoghi assoluti Ch'io mi senta al focolare Il palato s'avanza di quella bocca strana non un brandello più di tanto splendoreS'attarda, è mezzanotte, all'ombra della nostra festa A sorprendere solo ed ingenuo d'accordoLe labbra senza bervi né la lena esaurendo Le pure unghie di onice levando verso i cieli Ha scelto, piume araldiche, la nostra a invidiare d'un'Ebe la ventura Riso di bimba che l'aria incanta. Egli questo nel dubbio esala -. Dal turbo di parole ch'egli non disse ancora, A nascer, col mio sogno diadema al capo intorno, E lascia, su acque morte, dove, fulva agonia In mezzo a questo ciuffo soffice Con le tue labbra senza parlare Il cui volo al riverbero muta dal letto proprio, Qual fronda inaridita in città senza sereBenedire potrà com'ella rimanere Dove s'estenua la Chimera La caduta ideale delle rose. Tutte insieme interromperanno RIMEMBRANZA. E la tappezzeria di madreperla, Un cigno d'altri giorni se stesso a ricordare Vede galere d'oro, splendide come cigni, Essa annuncia: noi siamoLa triste opacità di noi spettri futuri. Di cui molto cielo si screzia Luminosa al medesimo Udire rivelarsi un poco Il mistero d'un nome per il Giglio e la Rosa. Eccetto che il tesoro sontuoso d'una testa Inutilmente contro il marmo di Baudelaire. E voi metalli che splendor fatale Di soddisfare la sua arsura Bruges moltiplicante l'alba al morto canale All'unghia che sul vetro Il biondo Tastanti se il suo volto somigli ai mali umani Di folli sonni. Non crederai con questo ardito Essi sono il sollazzo d'ogni gratta-ribeca, Trombe altissime d'oro sopra le carte fini, Che guarda in grandi vasche la sua malinconia Vivere nel terrore che mi danno Il fauno è una figura della mitologia romana, una divinità della natura, per la precisione è la divinità della campagna, dei greggi e dei boschi. Un immortale pube esso raccende truce Si veste del disprezzo d'un gelido pensiero. Inviolato rettile, sentire La bocca non è sicura Ecco come tu buon ventaglio - Che il cristallo sia l'arte o la mistica ebbrezza - Io stavo per nascondere un ardenteRiso nelle sinuosità felici se voi lo voleste! La sua rarità si fioriva, nel formato originale, scomparso, del capolavoro di Rops.Nessuna versione anteriore è qui data come variante.Molte di queste poesie, o studi in vista di meglio, come si prova il pennino prima di mettersi all'opera, sono state sottratte alla loro cartella dalle impazienze amiche di Riviste alla ricerca del loro numero primo: e prima nota di progetti, in quanto punti di riferimento, che fissano, troppo rare o troppo numerose, secondo un doppio punto di vista che l'autore stesso condivide, egli le conserva in ragione di quanto segue, e cioè che la gioventù volle tenerne conto e che attorno ad esse si formò un pubblico. Lo spirito a irradiare pronto com'ali tese. Vasto abisso portato nelle nebbie a distesa La morte trionfare in voce sconosciuta! Vessati essi non vogliono provocare il perverso, Di feroci delizie, sboccerebbeBrivido bianco la mia nudità, Si butta, al mendicante di vetrina, un festino. il pomeriggio di un fauno | canapa smoking. Tale un uccello se s'immergaEsultante lì daccanto. Dal tuo labbro voli sottile • (FR) Il testo e i documenti sul sito Mallarme.net, su mallarme.net. Troppa luce per discernervi Ideale che sono i parchi di quest'astro, Tale che verso le finestre Ditemi tuttavia: o ingenua bimba,Non scemerà, un giorno, questo sdegno Di crepuscolo no, ma d'alba rossa S'abolisce un tenue merletto Bailly e André Rossignol che vi adattarono note deliziose.IL PAGLIACCIO PUNITO (pagina 21) apparve, sebbene vecchia, per la prima volta, nella grande edizione della "Revue Indépendante".LE FINESTRE, I FIORI, RINASCITA, ANGOSCIA (prima À Celle qui est tranquille), IL CAMPANARO, TRISTEZZA D'ESTATE, L'AZZURRO, BREZZA MARINA, SOSPIRO, ELEMOSINA (intitolata Le Mendiant), Stanco dell'ozio amaro..., compongono la serie che, nell'opera sempre citata, si chiama del Premier Parnasse contemporain. Solo tra le lor braccia fortunate. Di fogliami, sul candido mio abito Folgorare col lieve vestito No, ma l'anima Senza parole e questo greve corpo Tardi ancora soccombono al silenzio Fiero del mezzogiorno: senza più, Dormiamo nell'oblio della bestemmia, Sulla sabbia turbata e com'io amo La bocca aperta all'astro che matura I chiari vini. Ancora trascinando, antica, uguale Abolita, ed orrenda la sua ala Rifugio esso perviene talora a nausearmi,E la Stupidità, col suo vomito impuro, Nella gemma dell'occhio serio o motteggiatore, La nudità diffama d'un eroe giovinetto E l'oppio onnipossente ogni farmaco spezzi! Corron sotto la sferza d'iroso dittatore: Poi ch'io non sono il tuo cagnolino barbuto,Né il dolce, né il rossetto, né giuochi birichini, Voglio eleggere solo del mio genio sull'ali Che pur l'inchiostro svela, singulti sibillini. Fonte severa, ho conosciuto, orrore!,La nudità del mio confuso sogno! Ingenuo bacio dei più funebri! Esalando vacilla il falso orgoglio umano. A gara con il sole dal mio orgoglio Le mani salve, nell'odor deserto Alla vista che io priva, Qui lasciai della gloriuzzaAlta così da non giungerla Di capelli dispare tra le luci Vetri, ed io lo detesto, il bell'azzurro! Quale seta, balsamo ai tempi, Morso, dovuto a qualche dente augusto; E il bastone che batte duro Senza timor che sveli un fiato Mai poterono una sola volta Dell'estremo tizzone appaia la mia Ombra. Ai vecchi abeti le sue trombe argentee!Tornerà un giorno dai paesi alpestri!In tempo? Un lago dentro il cielo di nuda porcellana, Elesse il giunco gemino ed immenso Io son quell'uomo. Che tu fuor dello specchio tendi! Prima che sperda il suono in una pioggiaArida è, all'orizzonte, senza ruga, Per contemplare il vostro viso, Sì questo suono esile e vano Per essa camminando tra la lavanda e il timo. A nulla espirare annunciante Sfuggiva l'illusione, Fauno, dagli occhi azzurri e freddi, come Sorgente in pianto, d'una, la più casta: Ma l'altra, dici tu ch'essa è diversa, Tutta sospiri, come calda brezza Del giorno nel tuo vello? Dormire sopra un fiume di porpora e d'essenze, Ma questa treccia cade... Ferma l'atto Dei mendichi d'azzurro col piede qui sui piani. Salpa l'ancora verso un'esotica natura! Fiume dei miei capelli immacolati sì la tuaSola che in sé ritenga degli svaniti cieli Per il diamante puro di una stella,Ma anteriore, che mai non scintillò. Fino a che sull'antica poltrona nel barbaglio Nascita: ed evocando clavicembalo e viola, La lor disfatta è opera d'un angelo possente Lascia questi profumi! S'esalta in quello, appena sussurro, di sorella. Nelle pieghe unanimi accolto! Anelli placidi di fumoGià da nuovi anelli dissolti, Sapiente sigaro e dichiara Idra che ascoltò l'angelo con un vile sussulto Il bianco piede sulla dura lava,È quando un triste sonno tuona e il fuoco A non designar che la coppa; L'uccello che mai non s'ascolta La partitura e il balletto sono entrambi ispirati dalla famosa omonima poesia di Stéphane Mallarmé. Fuggendo, gli occhi chiusi, io lo sento che scruta Vano del vostro essere? Bianco volo chiuso che posa Tanta minuzia testimonia, inutilmente forse, una certa deferenza verso i futuri scoliasti. Io fuggo e mi attacco a tutte le vetrate Questo martire viene a divider lo strameDove il gregge degli uomini felice è coricato. Il poema ispirerà l’opera orchestrale di Claude Debussy “ Prélude à l’après-midi d’un faune “ e favorirà la nascita del modernismo. Furor di spume scompigliato Di veder nell'aria ove sale, Con dispersi reami un fuoco E selvatico musicista, Nera una pelle alzando aperta sotto il crine, Accorro, Puro, seguito coi miei sguardi chiusi, Il gladiolo selvaggio, cigni dal collo fino, Nulla, spuma, vergine verso Di chi lo afferra, cola per l'eterno Nuotando traditore con gambe e braccia sciolte, E trovare quel Nulla che tu saper non puoi. Oscuro flagellava di freddo il loro andare Alza solo tra l'ora ed il raggio del giorno! Contro la luce impalliditaPiù che non seppellisca fiotta. O tu che culli, con la bimba e l'innocenza Trova nella lor dotta carenza ugual sapore: Non per battere il Tedesco Sui suoi passi dell'eden l'inquieta meraviglia Con te la verde melma e i pallidi canneti, Quando noi espiriamo in molti Non l'hai toccata, antico lattante a poppa avara, Passato, come si rassegna l'acqua Quasi usando per sua parola Sulla suola sempre la voglia I, per inaugurare, novembre 1894, la superba publicazione dell'Épreuve. Vermiglio come l'alluce puro del serafino Simile ad un riso sepoltoScivolare giù dal tuo viso Obliato versa le sue tristi glorie Unica a rendermi lamento). Del pallido Vasco de Gama. Il campanaro avverte un uccello passare Scoglio di basalto e di lava Ed ancora! No, ma l'anima Gelido, quante volte in lunghe ore, Ma una danzatrice apparita, Turbo di mussolina oppure Secoli, entrare e camminar, fatale, Io esclusi all'estremo limite Tuffantesi con la caravella Una oscura credenza, o voi tutti, v'ingombra. S'egli apparisse dalla porta. S'egli il suo muro ne tappezza